Pubblichiamo il comunicato stampa odierno diffuso dall’ufficio stampa del [b]Consorzio Sabina DOP[/b] a proposito dell’IGP Olio di Roma.
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[b]Olio di Roma IGP: un‘opportunità da non perdere per l’olivicoltura del Lazio[/b]
Con l’audizione pubblica di riconoscimento svoltasi a Roma lo scorso 25 luglio, il progetto “[b][i]Olio di Roma IGP[/b][/i]” si avvia verso la conclusione della fase istruttoria nazionale.
Un’Indicazione Geografica Tipica che valorizzi l’olio del Lazio facendo leva sul nome universalmente noto della Città Eterna rappresenta a nostro avviso [b]un’opportunità importantissima per l’olivicoltura regionale[/b], non solo per le aree olivicole che ancora non godono di tutele dell’origine, ma anche per quelle – come la Sabina – che sono già ricomprese in areali D.O.P.
Inevitabilmente, trattandosi di progetto di così ampia portata, pur nel generale consenso riscontrato, [b]sono emerse osservazioni[/b] e perplessità su alcuni punti del disciplinare rispetto alle quali, come Consorzio Sabina DOP, riteniamo utile condividere [b]alcune considerazioni[/b].
Rispetto alle [b]caratteristiche chimico-fisiche[/b] del prodotto, che qualcuno vorrebbe rivedere in forma restrittiva, è bene a nostro avviso ricordare che una IGP non è e non deve essere una “super DOP”, con caratteristiche più stringenti delle DOP stesse; l’IGP Roma deve essere un olio di qualità, certificato e riconoscibile dai consumatori, ma che possa attestarsi sul mercato a quotazioni inferiori alle DOP, anche per evitare di creare inutili e pericolose sovrapposizioni.
Un’ulteriore osservazione sollevata riguarda le [b]modalità di oleificazione[/b], in merito alle quali il disciplinare proposto prescrive che “[i]Le olive devono essere lavorate nel più breve tempo possibile e comunque entro i 2 giorni successivi alla raccolta[…][/i]”; su questo punto è stato suggerito di ridurre i tempi a 24 ore.
Si tratta, sempre a nostro parere, di una questione non rilevante in quanto – come è ben noto a chi possiede esperienza di certificazioni – il rispetto di tempi prestabiliti (che si specifica solo per poter ottemperare alle successive esigenze burocratiche di controllo) non è di per sé garanzia di ottenimento della certificazione.
Sono solo le analisi chimico-fisiche ed il panel test a decretare se un olio possa o meno essere certificato, sono quindi questi i due elementi che stimolano le aziende ad applicare tutti gli accorgimenti necessari ad ottenere la massima qualità dalle olive, fra i quali rientra naturalmente la riduzione al minimo possibile del tempo che intercorre fra raccolta e trasformazione in olio.
Nel corso del dibattito è emersa infine la richiesta di aumentare la percentuale minima delle [b]cultivar[/b] autoctone/consuetudinarie elencate nel disciplinare dal 70 all’80%, riducendo da 30 a 20 la percentuale di altre cultivar ammesse.
A tal proposito riteniamo che il compromesso trovato in fase di elaborazione del disciplinare, ovvero elencare solo nove cultivar autoctone/consuetudinarie e lasciare un congruo spazio alle altre sia il più rispettoso nei confronti del ricco e articolato patrimonio di cultivar autoctone della nostra regione: ridurre la percentuale delle altre cultivar significherebbe escludere dall’opportunità di aderire alla nuova IGP molte aziende agricole che contribuiscono attivamente alla tutela della biodiversità olivicola regionale.
Il sostegno al progetto “[i]Olio di Roma IGP[/i]” da parte di chi, come il Consorzio, crede fortemente nella certificazione di prodotto quale sistema di promozione e valorizzazione dell’olivicoltura dei nostri territori e di tutela dei consumatori è a nostro avviso indispensabile; auspichiamo che la pur legittima diversità di vedute su singoli aspetti e componenti del progetto resti sempre costruttiva e non faccia mai perdere di vista l’obiettivo primario: offrire un’opportunità unica agli olivicoltori del Lazio.
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